Tutti gli articoli di wp_8132940

Quinoa: proprietà nutrizionali, curative e controindicazioni

Quinoa: quali le proprietà nutrizionali, curative e le controindicazioni? Con questo cereale si possono mettere a punto ricette davvero squisite, ecco perché dovremmo sempre includerlo nella nostra alimentazione. Per questo motivo è importante conoscerne le proprietà e i valori nutrizionali, in modo da diventare consapevoli di tutti i benefici che riesce ad apportare a vantaggio del nostro benessere. La quinoa è alleata del sistema circolatorio, dell’intestino, dei muscoli, è ricca di sali minerali e di vitamine ed è particolarmente energizzante. E’ ideale contro l’emicrania e si può inserire nelle diete ipocaloriche. Vediamo di saperne di più.

Continua la lettura di Quinoa: proprietà nutrizionali, curative e controindicazioni

Hericium Erinaceus

Hericium

Nome scientifico: Hericium erinaceus. Si trova in tutto l’emisfero nord, in Europa, Oriente asiatico e Nordamerica. Predilige gli alberi di latifoglie morti o morenti come la quercia, il noce e il faggio. Ha un diametro che varia dai 5 ai 20 centimetri. Ha filamenti simili a ghiaccioli che pendono da una base di consistenza gommosa. È un fungo tanto culinario quanto medicinale, che fa pensare al sapore dei frutti di mare.

 

hericium-erinaceusSTORIA

Continua la lettura di Hericium Erinaceus

Aceto di cocco: proprietà e come usarlo in cucina

Proprietà e benefici dell’aceto di cocco

Nonostante gli aceti più usati in cucina siano l’aceto di vino, l’aceto bianco e quello balsamico, non bisogna trascurare l’esistenza di varietà altrettanto pregevoli e interessanti come l’aceto di cocco. Sebbene questo prodotto non sia di certo il più indicato per i lavori di pulizia della casa – e sia meglio indirizzarsi in questo caso verso i primi due sopra citati – può essere utilizzato in numerose ricette di cucina, soprattutto come sostituto dell’aceto di miele e dell’aceto di vino.

L’aceto di cocco è apprezzato in primo luogo per le sue proprietà eupeptiche, toniche e prebiotiche. I fruttoligosaccaridi in esso contenuti favoriscono infatti la crescita della flora batterica e svolgono perciò un’azione di prevenzione sia sulle infiammazioni che sulle infezioni intestinali. Queste sostanze sono ritenute oltretutto in grado di aumentare i livelli di colesterolo buono e di abbassare la concentrazione di glucosio nel sangue. Detto ciò, l’aceto di cocco offre vantaggi a chi soffre di diabete e a chi tende ad essere affetto da stipsi. Il consumo di questo prodotto fa bene inoltre a chi è in sovrappeso e a chi è affetto da sindrome metabolica.

Rispetto agli altri aceti quello di cocco è il più calorico; esso contiene tuttavia anche sostanze preziose che aiutano l’organismo ad assorbire meglio il calcio e il magnesio e che riducono al tempo stesso il colesterolo LDL. Il suo utilizzo si rivela per questo particolarmente utile alle donne in menopausa e agli anziani in generale. Sotto il profilo nutrizionale l’aceto di cocco contiene discrete quantità di potassio, vitamina C e vitamine del gruppo B.

Odore, sapore e usi in cucina

L’aceto di cocco ha un gusto gentile, agrodolce ed un profumo esotico che richiama in parte quello della noce di cocco. Questo condimento si trova usato soprattutto nei piatti della cucina indiana, filippina e dello Sri Lanka. Per via del suo gusto delicato e poco invasivo è ideale per insaporire le insalate, per condire gli ortaggi e per la realizzazione di intingoli e pinzimoni. Viene consigliato anche per le grigliate e per le marinature, sia di carne che di pesce, e come ingrediente per la preparazione di salse da servire in tavola insieme ai formaggi. Il suo caratteristico sapore si accosta bene anche alla frutta.

Origine e produzione

L’aceto di cocco può nascere in due modi differenti. Il primo consiste nella raccolta dei fiori della palma di cocco, nella loro riduzione in nettare e nella successiva acetificazione di quest’ultimo. Il secondo metodo di lavorazione prevede invece la fermentazione del liquido estratto dalla noce di cocco. Nel primo caso l’aceto risulterà di un color bruno scuro mentre nel secondo tenderà verso una colorazione bianco latte. La produzione di questo aceto si ricollega anche a quella del cosiddetto gulamerah o zucchero di cocco.

Kuzu, un gastroprotettore naturale

Bruciori di stomaco, reflusso gastroesofageo, ernia iatale: i disturbi a carico dell’apparato digerente superiore sono molto frequenti nella popolazione. E sono migliaia i pazienti a dover condurre una vita in compagnia di inibitori di pompa protonica o di antiacidi, pur di evitare i fastidi – a volte anche decisamente gravi – dei loro disturbi. Un aiuto però arriva anche da una pianta orientale: il kuzu o kudzu, un gastroprottettore naturale.

Il nome scientifico è quello di Pueraria lobata ed è una pianta rampicante di montagna originaria del Giappone. Da sempre utilizzato nella medicina tradizionale e in erboristeria, il kuzu può essere un valido rimedio naturale per lo stomaco e altre patologie. Ma come si usa e quali sono i suoi specifici effetti?

Le proprietà

Il kuzu è una pianta estremamente longeva e forte: può vivere fino a 100 anni e cresce addirittura sulle rocce, anche quando il terriccio a disposizione è molto limitato. Nonostante gli splendidi fiori dal viola al blu, a scopi terapeutici non vengono usati né i petali né la pianta, bensì le radici. Da queste si estrae infatti un particolare amido, con cui viene quindi realizzata una bianchissima fecola. La consistenza è simile alla farina o proprio alla fecola di patate e, date le sue sue proprietà fisiche, non solo ha un’altissima solubilità in acqua, ma il kuzu viene facilmente digerito dallo stomaco e assorbito dall’intestino. Il composto pare contenga alte concentrazioni di isoflavoni come la daidzeina, un antinfiammatorio, antimicotico e antitumorale naturale.

La fecola poc’anzi citata ha un forte effetto alcalinizzante, ovvero previene l’acidosi soprattutto a livello di sangue e dei succhi gastrici. Utilizzato nella cucina giapponese come addensante e vellutante per zuppe, minestre e passati di verdura, sin da tempi antichi è impiegato anche per la cura di malanni minori. La tradizione vuole il kuzu come alimento di base per ritrovare le energie, ma è soprattutto l’effetto tampone sullo stomaco ad averlo reso popolare in tutto il mondo.

Le patologie

Così come già accennato, il kuzu esplica i suoi effetti benefici soprattutto a livello di stomaco, prevenendo però tutte le irritazioni a carico dell’apparato digerente dal cavo orale al retto. Di seguito alcune delle applicazioni più frequenti per tipologia di disturbo:

  • Acidità di stomaco: con il suo effetto tampone, il kuzu assorbe i succhi gastrici in eccesso dando immediato sollievo da dolore e bruciori, riducendo quindi le recidive in caso di blanda ulcera;
  • Reflusso gastroesofageo: grazie alle sue proprietà antiacide, previene la salita dei succhi nell’esofago e la loro propagazione nelle vie respiratorie, dando immediato sollievo soprattutto ai pazienti portatori di ernia iatale;
  • Stitichezza: stimola la morbidezza delle feci al pari di una nutrizione ricca di fibre, sbloccando quindi gli stati di stitichezza cronica;
  • Dissenteria: l’effetto tampone si estende anche all’intestino, dove non solo allevia l’irritazione di color e retto, ma aiuta anche ad aumentare la consistenza delle feci e a trattenere l’acqua in caso di diarrea;
  • Febbre: il kuzu sarebbe anche in grado di diminuire la temperatura negli stati febbrili connessi all’influenza;
  • Stanchezza: l’amido presenta anche specifiche proprietà per il recupero dell’energia e del buon equilibrio psicofisico, quindi è consigliato in primavera o nei cambi di stagione, quando il corpo fatica ad adattarsi ai repentini cambiamenti climatici.

Per le modalità d’assunzione si faccia riferimento al proprio erborista di fiducia e, ovviamente, anche al medico curante per conoscere eventuali interazioni con i farmaci contro l’acidità di stomaco. In genere, si versano uno o due cucchiaini di kuzu in un bicchiere d’acqua, si porta il tutto a ebollizione finché l’amido non si è sciolto e si consuma a piccoli sorsi, anche più volte nell’arco della giornata.

Il kuzu in cucina

Nella cucina giapponese, il kuzu viene usato come addensante e vellutante soprattutto per zuppe, minestre e passati di verdura, ma anche per sughi, dolci, gelati e composte. La proporzione da utilizzare è 10g di kuzu ogni 100 ml di liquido ma molto dipende dalla consistenza che vorrete ottenere, con queste dosi riuscirete ad ottenere un buono stato di gelificazione, per addensare ne potrà servire anche molto meno. Il kuzu, infatti, serve non solo ad addensare ma anche a gelificare per creare budini. In questo ultimo caso la consistenza che si ottiene è morbida e non gelatinosa (come può accadere nel caso dell’agar). Per ottenere l’effetto gelificante, una volta stemperata la polvere nel liquido a temperatura ambiente, aggiungetelo in cottura alla vostra preparazione e poi lasciate raffreddare prima a temperatura ambiente e poi in frigorifero per almeno un paio d’ore. In commercio troverete il kuzu sia in polvere che in blocchetti gessosi: in questo ultimo caso, prima di utilizzarlo polverizzatelo con un mortaio da cucina. Il kuzu può essere aggiunto anche a cottura ultimata, a verdure e frutta frullate conferendo ai piatti una consistenza vellutata. Nel caso della frutta, per esempio, questo amido ha la caratteristica di renderla più digeribile anche per gli intestini più deboli.

BOL D’AIR JACQUIER – OSSIGENAZIONE BIOCATALITICA

L’Ossigenazione Biocatalitica, metodo René Jacquier®

Il ‘Bol D’Air Jacquier®’ è un metodo unico per
migliorare l’ossigenazione cellulare in maniera semplice e naturale, senza creare né iperossigenazione, né  produzione di radicali liberi.

Si tratta di un metodica 100% naturale

La prassi dell’integrazione respiratoria con il metodo “Bol d’Air Jacquier” è un nuovo e rivoluzionario concetto di integrazione che utilizza la via inalatoria per introdurre terpeni naturali derivati dalla resina del Pinus Pinaster ed attivati attraverso un processo di perossidazione.

Respirare per alcuni minuti davanti a uno di questi apparecchi corrisponde ad una lunga passeggiata in una foresta di pini, in piena estate, quando fa molto caldo e c’è il sole.Con il calore le essenze dei pini si diffondono nell’atmosfera dove vengono perossidati dai raggi del sole.

Allergie, disturbi metabolici, nuove patologie, sindrome da affaticamento cronico, apena notturna, stress… e se una parte della soluzione a tutto ciò si trovasse in una migliore ossigenazione cellulare? Studi recenti hanno dimostrato il ruolo prevalente dell’ipossia (mancanza di ossigenazione cellulare) in molte delle patologie odierne.

Le previsioni statistiche evidenziano che nel 2020 una persona su due sarà allergica ed i bambini saranno le prime vittime! Secondo l’OMS questa affezione risulta essere al quarto posto tra le malattie croniche più frequenti.

INIZIA A RESPIRARE IN MANIERA PIÙ EFFICACE!

PER INFORMAZIONI E PER UNA PROVA GRATUITA
chiama o scrivi

Ghee – Burro Chiarificato

Il Ghee (o burro chiarificato) è un’antichissima ricetta ayurvedica derivata dal burro. Si tratta essenzialmente di burro dal quale è stata tolta l’acqua e la componente proteica in esso contenute.

Si tratta essenzialmente di burro dal quale è stata tolta l’acqua e la componente proteica in esso contenute.

Informazioni ayurvediche: la cucina ayurvedica usa il ghee al posto del burro e dell’olio per cucinare, friggere e arrostire, perché si può scaldare e cuocere senza che diminuiscano o si perdano le sue proprietà.

Non necessita di refrigerazione. L’ayurveda considera il Ghee un Rasayana e cioè uno dei mezzi più efficaci per mantenersi giovani e in grado di favorire la rigenerazione delle cellule.

Il Ghee pacifica Vata e Pitta e aumenta il fuoco digestivo.

Il Ghee favorisce la funzione fisiologica della digestione. Contribuisce a contrastare l’azione dannosa dei radicali liberi.

È un alimento che nutre e dà sostegno a tutti i sette tipi di tessuti del corpo. Agisce favorevolmente sulla funzionalità del sistema nervoso, contribuendo a mantenere la mente calma, facilita l’apprendimento mnemonico e stimola i processi intellettivi.

Consigli d’uso: Applicato la sera sotto i piedi, aiuta ad avere un sonno salutare. Se applicato sugli occhi stanchi, aiuta a togliere l’affaticamento e rafforza la vista. È consigliabile usarlo anche come struccante.

LE PROPRIETA’ BENEFICHE DELLA MELA

Frutto dal sapore particolarmente gradevole, la mela, oltre ad avere un forte valore simbolico, gode anche di grande fama, tramandata sia dalla tradizione biblica che dalla mitologia.
Appartiene alla famiglia delle Rosacee (malus communis melo) e il suo albero, che può raggiungere fino ad 8 metri d’altezza, è il melo, originario dell’Asia centrale la cui comparsa risale al Neolitico, presente attualmente con circa 2000 varietà. Le foglie sono semplici, hanno i margini seghettati e i fiori si presentano con petali bianchi, leggermente sfumati verso il rosa. Questo frutto si può trovare in ogni stagione dell’anno, anche se la sua maturazione naturale va da fine agosto a metà settembre. Dopo la raccolta, i frutti vengono conservati a temperature basse, (da 0 a -4 °C ) con umidità del 85-90%. Le mele infatti per essere consumate in modo ottimale, devono essere riposte in ambienti freschi.
Molto popolare in Europa, il consumo delle mele è di circa 20 kg all’anno (pro capite), pari ad una media di una mela e mezza al giorno. Negli Stati Uniti, invece,se ne consumano “solo” 9 kg l’anno, pari ad uno ogni quattro giorni. È sicuramente il frutto più diffuso in Italia, dove viene considerato sempre, sinonimo di salute e benessere. Per circa l’85% del loro peso le mele sono costituite da acqua. La restante parte è costituita sopratutto da carboidrati e da Vitamine, tra cui la vitamina A, E, C. Numerosi sono i suoi utilizzi industriali: vengono impiegate per i dolci, per la produzione di succhi, liquori e creme. Nella nostra penisola la produzione di mele è abbondante e di ottima qualità, inoltre c’è possibilità di scegliere tra tantissime varietà: Golden delicius, Red delicius, Stark delicius, Bella di Roma, Jonathan, Renetta del Canada, Renetta ruggine, Granny Smith.

Una mela al giorno leva il medico di torno… ecco perché
Il famoso detto popolare ha un fondamento vero: la mela è considerata infatti un farmaco della natura, un rimedio per tantissimi problemi. Innanzitutto occorre dire che questo frutto contiene pochissime proteine e grassi sono quasi assenti, (100 grammi di mela corrispondono a circa 40 calorie, 10 grammi di zuccheri e grandi quantità di potassio, vitamina B, acido citrico e acido malico). Inoltre è presente in essa la vitamina B1, che combatte inappetenza, stanchezza e nervosismo e la B2 che facilita la digestione, protegge le mucose della bocca e dell’intestino e rinforza capelli e unghie. Ma i pregi della mela non finiscono qui. Essa è ben tollerata dai diabetici perché ha pochi zuccheri, ma non solo: contiene circa il 2% di fibre tra cui la pectina, nota per i suoi numerosi benefici. Inoltre ha il potere di “tenere sotto controllo” la glicemia, regolando quindi l’assorbimento degli zuccheri. Generalmente viene mangiata cruda e in questo caso ha un’azione astringente ma, consumata cotta, è un naturale e ottimo rimedio contro la stipsi. Gli specialisti la consigliano alle persone anziane perché è facilmente digeribile e si può consumare a fine pasto proprio per queste caratteristiche, contraddicendo alla teoria dei dietologi che suggeriscono di consumare la frutta lontano dal pranzo e dalla cena. Alcune notizie riportano anche che, chi mangia mele, respira meglio e addirittura alcuni ritengono questi benefici, superiori al consumo di agrumi (frutti per eccellenza in grado di combattere gli agenti irritanti). Infine, se consumate regolarmente, le mele abbassano il colesterolo cosiddetto “cattivo” (LDL) e aumentano quello buono (HDL) anche in pochissimo tempo e sono considerate preziose nella prevenzione di ictus e tumori.

Proprietà nutritive della mela
I nutrizionisti rilevano che in ogni 100 grammi di prodotto commestibile sono mediamente contenute: circa 85 grammi d’acqua, 0,2 grammi di proteine, 0,1 grammi di grassi, 11 grammi di zuccheri di diverso tipo, tra cui fruttosio, glucosio, e saccarosio, 2 grammi di fibre, per un totale di circa 45-50 calorie, e circa 4 grammi di sali minerali tra cui potassio, zolfo, fosforo, calcio, magnesio, sodio, ferro, oltre a tracce di rame, iodio, zinco manganese, e silicio. La mela è ricca anche di vitamine: C, PP, B1; B2, A, e contiene inoltre acido malico (circa 0,6-1,3 grammi). Sia nella polpa che nella buccia sono inoltre presenti eteri, tannini, alcoli, aldeidi e un elevato numero di terpeni che rende infinitamente vario il profumo e il sapore delle mele. I valori elencati possono variare a seconda del grado di maturazione del frutto e della qualità, anche perchè in tutto il mondo oggi si contano più di mille varietà di mele”.

Una mela al giorno per combattere l’asma
Uno studio pubblicato sulla rivista “Chest” ed effettuato su circa 2mila persone indica che, una dieta povera di vitamine e di altri nutrienti essenziali peggiora notevolmente i sintomi legati all’asma, soprattutto se si tratta di giovani o fumatori. La ricerca ha preso in esame un gruppo di studenti americani e li ha monitorati per circa 12 mesi. Tutti hanno ricevuto un questionario da compilare circa le abitudini alimentari, l’uso di medicinali e il fumo. Successivamente i partecipanti sono stati sottoposti ad alcuni test respiratori e il risultato non è stato confortante perché un terzo dei ragazzi era sovrappeso e il 72 per cento non assumeva preparati multivitaminici. Circa il 25 per cento, poi, fumava quotidianamente e almeno un terzo non consumava le dosi giornaliere raccomandate di frutta e vegetali, vitamine A e E, beta carotene e omega-3, quando invece basterebbero piccole quantità di omega 3 per migliorare i sintomi asmatici. Ecco perché viene raccomandato dagli esperti il consumo di almeno una mela al giorno, frutto equilibrato e poco calorico, con tutte le proprietà che abbiamo elencato sopra.

La buccia delle mele ha proprietà antitumorali
Uno studio americano rivela che la buccia delle mele denominate “Red Delicius”, avrebbe proprietà antitumorali. Le sostanze contenute nella buccia (triterpenoidi), avrebbero il potere di diminuire il rischio di sviluppo per alcune tipologie di tumore (fegato, colon e seno) in quanto tali sostanze svolgerebbero un’azione di contrasto per quanto riguarda le cellule tumorali e in alcuni casi sarebbero anche in grado di eliminarle. Precedenti studi avevano già dimostrato anche “l’effetto scudo” dei flavonoidi e i fenoli (contenuti nelle mele), rispetto alle cellule “atipiche”.

La mela: rimedio naturale contro diarrea e stipsi
La sostanza di nome pectina aiuta a risolvere i problemi legati alla diarrea poiché i batteri intestinali la trasformano in un una specie di guaina lenitiva e protettiva per le pareti “irritate” dell’ intestino. Per combattere la stipsi invece, basta consumare una mela cotta al giorno e gli effetti “benefici” saranno riscontrabili in pochissimo tempo.
La mela come prevenzione del colesterolo, cardiopatie e ictus
È noto che un’alimentazione ricca di fibre contribuisce a ridurre il colesterolo nel sangue, fattore di rischio nelle cardiopatie e in alcuni tipi di ictus. Consumando le fibre, il colesterolo che assumiamo con gli alimenti “soggiorna”nel tratto intestinale fino a quando non viene eliminato. Ecco perché la mela, ricca della fibra pectina, rappresenta il frutto ideale dopo pasti a base di carne o di latticini.

La mela per contrastare glicemia e diabete
La “preziosa” pectina contribuisce anche a ridurre la glicemia (concentrazione di glucosio nel sangue) nei soggetti diabetici.

La mela per depurare l’ organismo
La notizia arriva dall’Europa dove alcuni studi suggeriscono che la pectina è in grado anche di depurare l’organismo dalle sostanze tossiche e per questo motivo gli esperti di nutrizione suggeriscono di inserirla nella propria dieta, soprattutto per coloro i quali vivono in città particolarmente soggette all’inquinamento.

La mela in cosmesi
Per rassodare la pelle, basta tamponarla con succo di mela fresco e per “schiarirla”, basta mescolare il succo con il limone. Per attenuare le rughe si può ricorrere ad una maschera per il viso, preparata con una mela tagliata a pezzetti, cotta in mezzo bicchiere di latte. Per ottenere un effetto “tonico”, basterà applicare alcune fette di mela cruda sul viso e lasciarle “riposare” per 45 minuti. Una maschera a base di mele grattugiate e yogurt invece è particolarmente indicata per pelli secche o “spente”. Infine, la mela cotogna è in grado di contrastare l’invecchiamento della pelle, fungendo da idratante e combattendo l’insorgenza delle rughe.

Il riso integrale…. da speciale TG1 del 28 gennaio 2018

Il riso è dopo il mais e prima del grano il secondo cereale più coltivato al mondo. In Occidente se ne fa un uso molto limitato (4-5 chili pro capite all’anno) ma nell’Estremo Oriente un essere umano può arrivare a consumarne in un anno oltre cento chili. È dunque un alimento centrale nell’alimentazione umana e proprio per questo assieme a frumento e granturco, a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, è entrato nelle “cure” dell’industria della modernizzazione agricola.

Dopo sessant’anni il risultato è che dopo il taglio indiscriminato degli alberi per recuperare terreno utile alla coltivazione e facilitare un fin troppo razionale movimento dei trattori, grazie all’uso di diserbanti e fertilizzanti chimici e pur essendo all’aria aperta, le risaie sono diventate luoghi inospitali. In queste vasche riempite e svuotate durante la coltivazione del riso l’inquinamento da agro-farmaci può raggiungere concentrazioni così alte che la pratica di approfittare della fase di piena per allevare carpe è stata quasi del tutto abbandonata. Molti risicoltori notavano che i pesci una volta cresciuti in mezzo ai veleni presentavano evidenti malformazioni.

La modernizzazione non si è fermata sul campo ma ha investito anche la lavorazione del chicco che una volta raccolto e asciugato rimane comunque all’interno di un rivestimento chiamato lolla. Per essere cucinato il riso va spogliato di questa buccia che lo ricopre altrimenti sarebbe immangiabile. Successivamente viene passato ad un macchina vagliatrice che separa i chicchi maturi da quelli verdi. Le lavorazioni per ottenere il riso integrale si fermano qua.  A quel punto se si vuole ottenere il semi-integrale o il bianco occorre far passare il riso in altre macchine che continuano l’opera di pulizia dei chicchi. Lo schema del ciclo di lavorazione nell’ultimo secolo non è cambiato molto. Ad essere molto diverse sono efficienza, potenza e temperatura raggiunte negli anni dalle macchine utilizzate per lavorare il riso. La fretta, le cotture semplificate e la trasformazione del gusto (che ha via via eliminato dal nostro orizzonte alimentare il cereale integrale) hanno fatto il resto. In tutto il mondo cambiano le varietà ma alla fine nel piatto arriva sempre e comunque riso bianco che avendo perso germe e fibre contenute nello strato superficiale è diventato un concentrato quasi esclusivo di amido e molecole di agro-farmaci.

Per avere un’idea di quanta chimica si consuma nella risicoltura basterebbe andare nel Vercellese che assieme alla Lomellina lombarda e alla provincia di Verona sono le zone di coltivazione del riso più settentrionali al mondo. A Rovasenda vive, lavora e (possiamo dire) prospera la famiglia Stocchi che nei primi anni duemila ha deciso di non utilizzare più agro-farmaci adottando un metodo agronomico chiamato Policoltura Ma.Pi. Un sistema messo a punto da Mario Pianesi, fondatore dell’associazione Un Punto Macrobiotico, basato essenzialmente sul ripristino della fertilità del terreno agricolo grazie ad alberi, cespugli, rotazioni e colture in consociazione. In poche parole tutto il contrario della monocoltura che ha spazzato via gli alberi e ha fatto credere al mondo agricolo che i nutrienti naturali fossero equivalenti a quelli di sintesi.

Com’era diverso il riso di una volta

 

Il riso è dopo il mais e prima del grano il secondo cereale più coltivato al mondo. In Occidente se ne fa un uso molto limitato (4-5 chili pro capite all’anno) ma nell’Estremo Oriente un essere umano può arrivare a consumarne in un anno oltre cento chili. È dunque un alimento centrale nell’alimentazione umana e proprio per questo assieme a frumento e granturco, a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, è entrato nelle “cure” dell’industria della modernizzazione agricola.

Dopo sessant’anni il risultato è che dopo il taglio indiscriminato degli alberi per recuperare terreno utile alla coltivazione e facilitare un fin troppo razionale movimento dei trattori, grazie all’uso di diserbanti e fertilizzanti chimici e pur essendo all’aria aperta, le risaie sono diventate luoghi inospitali. In queste vasche riempite e svuotate durante la coltivazione del riso l’inquinamento da agro-farmaci può raggiungere concentrazioni così alte che la pratica di approfittare della fase di piena per allevare carpe è stata quasi del tutto abbandonata. Molti risicoltori notavano che i pesci una volta cresciuti in mezzo ai veleni presentavano evidenti malformazioni.

La modernizzazione non si è fermata sul campo ma ha investito anche la lavorazione del chicco che una volta raccolto e asciugato rimane comunque all’interno di un rivestimento chiamato lolla. Per essere cucinato il riso va spogliato di questa buccia che lo ricopre altrimenti sarebbe immangiabile. Successivamente viene passato ad un macchina vagliatrice che separa i chicchi maturi da quelli verdi. Le lavorazioni per ottenere il riso integrale si fermano qua.  A quel punto se si vuole ottenere il semi-integrale o il bianco occorre far passare il riso in altre macchine che continuano l’opera di pulizia dei chicchi. Lo schema del ciclo di lavorazione nell’ultimo secolo non è cambiato molto. Ad essere molto diverse sono efficienza, potenza e temperatura raggiunte negli anni dalle macchine utilizzate per lavorare il riso. La fretta, le cotture semplificate e la trasformazione del gusto (che ha via via eliminato dal nostro orizzonte alimentare il cereale integrale) hanno fatto il resto. In tutto il mondo cambiano le varietà ma alla fine nel piatto arriva sempre e comunque riso bianco che avendo perso germe e fibre contenute nello strato superficiale è diventato un concentrato quasi esclusivo di amido e molecole di agro-farmaci.

Per avere un’idea di quanta chimica si consuma nella risicoltura basterebbe andare nel Vercellese che assieme alla Lomellina lombarda e alla provincia di Verona sono le zone di coltivazione del riso più settentrionali al mondo. A Rovasenda vive, lavora e (possiamo dire) prospera la famiglia Stocchi che nei primi anni duemila ha deciso di non utilizzare più agro-farmaci adottando un metodo agronomico chiamato Policoltura Ma.Pi. Un sistema messo a punto da Mario Pianesi, fondatore dell’associazione Un Punto Macrobiotico, basato essenzialmente sul ripristino della fertilità del terreno agricolo grazie ad alberi, cespugli, rotazioni e colture in consociazione. In poche parole tutto il contrario della monocoltura che ha spazzato via gli alberi e ha fatto credere al mondo agricolo che i nutrienti naturali fossero equivalenti a quelli di sintesi.

Viceversa se in una prima fase gli agro-farmaci rispondono bene illudendo il contadino di aver trovato la lampada di Aladino, nel giro di pochi anni devastano lo strato fertile e avviano i terreni agricoli verso la desertificazione. La situazione attuale della Cascina dell’Angelo l’azienda agricola della famiglia Stocchi è ben diversa e un confronto grazie al drone tra le loro risaie coltivate senza chimica e quelle dei vicini fanno giustizia di tutti i dubbi e gli interrogativi sollevati dagli increduli e rilanciati dalle lobby dell’agro-industria. Nei terreni della famiglia Stocchi che abbiamo sorvolato alla fine di ottobre e a raccolto concluso, prevale il verde e la terra circondata da alberi e inframezzata da filari di cespugli sembra più scura, attorno domina un giallo che mette i brividi perché fa pensare appunto ad una progressiva e sempre più prossima desertificazione.

 

L’impatto visivo è evidente ma quello che chiude la discussione sulla convenienza della svolta adottata dall’azienda di Rovasenda è il conto economico. L’ultimo acquisto di agro-farmaci risale al 2006. Da allora la voce spese è scesa bruscamente perché oltre ad un consumo azzerato di trattamenti chimici si sono dimezzati i passaggi di trattore per distribuirli con un risparmio netto di 700 euro per ettaro all’anno. Moltiplicati per 130 ettari dell’azienda il totale del denaro rimasto nelle casse dell’azienda è di novantamila euro per ogni singolo anno. Senza contare che nel bilancio degli Stocchi sono spuntati due addendi il cui impatto è certamente rilevante seppur difficile da calcolare: la salute e il buon umore

 

(fonte naturanelpiatto.it)

Rasayana: per rafforzare la Mente e il Corpo

Rasayana, un pilastro fondamentale della scienza ayurvedica, è la scienza che ci insegna a preservare e mantenere la nostra saluta anche in età avanzata. Non solo aggiunge anni alla vita, ma soprattutto vita agli anni

Gli  antichi testi definiscono il Rasayana come ciò che “…ha per suo scopo il prolungamento della vita umana, la freschezza e il ringiovanimento della memoria e degli organi vitali dell’uomo. […] ricette che rendono l’uomo in grado di trattenere la sua virilità e il suo vigore giovanile fino ad età avanzata e che servono generalmente a rendere il sistema umano invulnerabile alle malattie e alla decadenza” (Sushruta Sutra, I).

Rasayana della Maharishi Ayurveda, preziose ed antiche formulazioni utilizzate per ravvivare l’intelligenza e portare equilibrio al livello più profondo della mente e del corpo, utilizzando l’intelligenza della natura contenuta nelle piante.

Continua la lettura di Rasayana: per rafforzare la Mente e il Corpo