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Bere acqua calda

 

Bere acqua calda: i benefici di un segreto millenario dimenticato

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L’acqua è la prima medicina per il corpo, ma metà della popolazione umana non prende mai in considerazione l’idea di berne un po’.

L’altra metà invece si costringe a berne tanta a temperatura ambiente solo perché ha sentito dire che fa bene.

Ai più sfugge che l’acqua così, è metabolizzata con difficoltà e ha un effetto molto negativo: raffredda, gonfia e sovraccarica i reni facendoli lavorare oltre misura, indebolendo ogni giorno la nostra essenza vitale.

Al contrario, bere troppo poco, danneggia il nostro organismo, gli impedisce di svolgere le sue funzioni, ma spesso tendiamo a sottovalutarlo.

In questo articolo scopriremo insieme qual è il modo più salutare di bere l’acqua, la più antica medicina per il nostro corpo.

Anche l’acqua va digerita

Trasformare il cibo è un processo che assomiglia ad una vera e propria cottura.

Ogni cosa nel nostro corpo, finché siamo in vita, accade attraverso ed in ragione del calore.

Ogni reazione chimica, l’attivarsi degli enzimi digestivi, l’assorbimento dei nutrienti, tutto richiede calore.

Il freddo, al contrario, impedisce ogni processo, blocca ogni meccanismo e quando penetra in profondità decreta la morte del corpo.

Anche la digestione si sottomette a questa fondamentale prima legge.

Tutta la fase digestiva, compresa anche quella dell’acqua, richiede la giusta dose di calore, una temperatura di 38 gradi.

Questo, tradotto nella vita di tutti i giorni, significa che se bevi una bibita ghiacciata o mangi una grande insalatona oppure uno yogurt preso direttamente dal frigorifero, o qualsiasi altro cibo crudo, freddo e secco, sarà in ogni caso difficilissimo per te da essere digerito.

Utilizzi solo una millesima frazione dei potenziali nutrienti, tutto il resto sono scorie mal digerite che si vanno ad accumulare come materiale di scarto, tossine che trattieni e che ti indeboliscono ogni giorno di più.

Ecco perché noi consigliamo di consumare l’80/90% degli alimenti cotti, caldi e, soprattutto l’acqua, è fondamentale berla calda.

Il segreto dell’acqua calda

Sì, anche l’acqua, regina di tutte le bevande, non si sottrae a questa fondamentale legge del calore e deve essere calda, se vuoi che venga davvero assorbita.

Una bella tazza di acqua calda non solo è la maniera perfetta per idratare il tuo corpo, ma è l’unico modo per dissetare le cellule e lavare via le tossine.

È il primo ed unico cambiamento che ha fatto una differenza enorme nella vita e nella salute di tantissime persone che negli anni si sono avvicinate ad Energy Training.

È il nostro segreto dei segreti!

Chi ha scoperto l’acqua calda?

Bere acqua calda è un segreto millenario: è patrimonio delle antiche medicine tradizionali.

È strettamente connessa alla digestione e alle tre capacità dell’apparato digerente di trasformare il cibo, distribuire il nutrimento e l’energia, eliminare le tossine e tutto ciò che non viene utilizzato.

Un processo di trasformazione che secondo la Medicina Tradizionale Cinese, può avvenire solo attraverso il calore.

L’acqua fredda o a temperatura ambiente non è affatto digeribile dal nostro stomaco, ne rallenta la digestione.

Dall’intestino tenue giunge nei reni in modo diretto, raffreddandoli in modo pericoloso, gonfiandoli e affaticandoli.

Gli insospettabili benefici dell’acqua calda

Basta solo provare e se farai tua questa abitudine tanto semplice quanto potente, godrai di enormi benefici.

L’acqua calda rilassa, calma e distende le pareti dello stomaco

Se assunta 15/20 minuti prima di un pasto, prepara lo stomaco alla digestione e se continuiamo a berla durante tutto il giorno, regala enorme sollievo a bruciori, gastrite e reflusso.

L’acqua calda dona una grande idratazione all’intestino

La stitichezza è un problema molto comune, caratterizzato da movimenti intestinali poco frequenti e difficoltà nel transito delle feci.

L’acqua calda ne combatte la secchezza, le idrata e le rende morbide, più facili da essere espulse.

L’acqua calda penetra nei tessuti del corpo

Porta morbidezza, elimina rigidità e contratture.  Contribuisce così all’idratazione, disintossicazione, rilassamento e pulizia degli organi, diminuendo la ritenzione idricala cellulite e tutte le patologie della pelle, acne compresa.

L’acqua calda rinforza e mantiene in salute i tuoi reni

Li rende più tonici, contribuisce a diminuire i dolori alla bassa schiena e alla diminuzione della necessità di urinare troppo di frequente, soprattutto di notte.

Un apporto maggiore di acqua aumenta il volume di urina che passa attraverso i reni, diluendo così la concentrazione dei minerali in modo che hanno meno probabilità di cristallizzarsi e di formare grumi, i temuti calcoli.

L’acqua calda è un valido aiuto contro il mal di testa

La disidratazione è causa di mal di testa ed emicrania in alcune persone.

Questo dipende anche dalla natura del mal di testa, ma in molti casi è sufficiente idratarsi ed eliminare alimenti molto riscaldanti come caffè, arancia e cioccolato per vedere dei miglioramenti significativi.

Se sei disidratato anche le funzioni cerebrali ne risentono e bere acqua calda migliora la tua energia e le funzioni del cervello.

Ci sono infine altri due altri validi motivi per cui dovresti bere acqua calda.

  1. Aumenta la tua consapevolezza a tavola: è ottima per aiutarti a tenere a bada il senso di fame ed è un’alleata nel dominare quella nervosa e nel non ricorrere agli spuntini tra un pasto e l’altro.
  2. Non ha un impatto sulla tua spesa: è facile da implementare, richiede solo una buona acqua oligominerale con un basso residuo fisso, un thermos ed un bollitore elettrico, come approfondiremo tra un po’.

Come distribuire l’acqua calda nell’arco della giornata

A questo punto ti starai chiedendo: quanto, come e quando devo bere?

Per non eccedere e non creare squilibrio nel corpo, l’ideale è che tu beva un litro e mezzo di acqua calda al giorno, due litri se sei in fase di disintossicazione, rigorosamente lontano dai pasti per non annacquare i succhi gastrici.

Puoi bere un piccolo infuso eventualmente in conclusione, ma è preferibile un po’ dopo e non troppo a ridosso del pasto.

La quantità d’acqua da bere durante la giornata può variare a seconda delle tue abitudini di vita, alimentari e del clima.

Inizia con una tazza al mattino, appena sveglio. La prima tazza del mattino è meglio che sia semplice acqua.

Poi bevine una ogni due ore, nel corso della giornata, lontano dai pasti. Bevi semplice acqua calda o divertiti a bere infusi caldi non dolcificati.

A che temperatura dev’essere l’acqua? Dev’essere tiepida, circa 37° o 38°.

Come fai a ricordarti di bere?

Utilizza la suoneria del cellulare e metti una sveglia ogni due ore, così non ti dimenticherai e gradualmente diventerà un’abitudine automatica.

L’acqua calda ha un cattivo sapore?

A volte capita che le persone abbiano un vero rifiuto nell’accettare di iniziare a bere acqua calda, dovuto al sapore che sentono essere sgradevole.

Non dipende dal tipo di acqua, ma è il segnale che il corpo ha un bell’accumulo di tossine nel cavo orale e non va sottovalutato, anzi, è una spinta in più a perseverare.

L’acqua calda sarà fondamentale per lavare via le tossine e man mano che l’organismo si depurerà, scomparirà anche il cattivo sapore.

Nell’attesa si può aggiungere qualche goccia di limone all’acqua calda o usare infusi dal sapore più gradevole.

Tanta acqua uguale tanta pipì?

In realtà dopo qualche settimana di uso quotidiano ti accorgerai che urini meno e non hai più urgenza di scappare in bagno.

Questo è il segno che i reni si sono tonificati e che l’acqua svolge un buon viaggio all’interno del corpo prima di essere eliminata.

Bere acqua calda in pratica

acqua calda

Una delle prime domande che in genere ci facciamo quando pensiamo di introdurre tra le nostre abitudini è chiederci:

“Come faccio a bere acqua calda mentre sono fuori o in ufficio?”

La risposta è molto semplice, basta un minimo di organizzazione ed il gioco è fatto

Procurati un thermos  (lo trovi anche nel nostro shop online), infilalo in borsa e portalo sempre con te.

Nell’acquisto del Thermos assicurati che sia in acciaio Inox, senza BPA e idoneo alla normativa EN12546-1:2000 (“Materiali e articoli a contatto con i prodotti alimentari –  contenitori isotermici per uso domestico”).

A casa, per facilitare la preparazione, puoi acquistare un bollitore elettrico in acciaio, non ti serve nient’altro.

Conclusione

Bere acqua calda può sembrare un’abitudine bizzarra e probabilmente incuriosirà molto chi ti vedrà portare sempre con te il thermos.

Gli adulti penseranno che sei un drogato di caffè e i bambini ti guarderanno stupiti e incuriositi e non smetteranno di farti domande.

Potrai sentirti a disagio all’inizio, ma presto ne sarai fiero e il disagio lo proverai nel momento in cui te lo dimentichi, perché bere acqua calda, è amore a prima vista.

I suoi benefici sono così potenti che potrai fare a meno di tutto ma non di lei.

Non devi credere a me, ma quello che ti dirà il tuo corpo, se ti concederai il lusso di provare e spolverare questa millenaria abitudine troppo spesso dimenticata.

Monococco, il padre di tutti i cereali

Colline morbide, colore giallo, cipressi in riga, il dolce profilo della campagna senese, una cartolina a farci da sfondo. Siamo con Barbara, ci racconta una passione fatta mestiere. Farro monococco, il cereale più antico. Posto migliore da dedicare alla coltivazione di varietà di cereali riscoperti e alla loro valorizzazione non potrebbe esistere.

Buongiorno Barbara, spiegaci cosa fate in questo paradiso.

Coltiviamo e trasformiamo cereali, legumi e ortaggi, con particolare attenzione alle varietà Antiche e locali. Facciamo agricoltura biologica, dal 1993.

Cos’è il farro monococco? 

È probabile che sia il primo cereale coltivato dall’uomo: si parla quindi di un seme antichissimo, la cui coltivazione è stata abbandonata nel corso del tempo per le basse rese di produzione e perché si tratta di un cereale vestito che necessita di una lavorazione successiva per renderlo commestibile.

Perché coltivare il monococco, allora? Perché scegliere grani antichi? 

L’azienda ha scelto da molti anni di coltivare cereali antichi e si è dotata di attrezzature per la pulitura e la decorticatura dei semi. Per diversi anni abbiamo coltivato farro dicocco, orzo, avena e poi siamo riusciti ad avere il seme di monococco e lo abbiamo coltivato. La scelta dei grani antichi è legata in primis al metodo di coltivazione che abbiamo scelto, ovvero quello biologico. Il regolamento prevede il divieto di utilizzo di prodotti chimici, quindi era importante la scelta di varietà di semi in grado di ben adattarsi al clima e sufficientemente rustiche da potersela cavare contro eventuali attacchi di parassiti e la competizione con erbe infestanti. E non c’è nulla di meglio che le antiche varietà. In secondo luogo le varietà antiche sono sorprendentemente buone, il risultato di anni di selezione umana fatta col gusto e non con la chimica.

Che differenze troviamo con gli altri tipi di farro, nella struttura e nelle proprietà?

Le differenze sono molto evidenti sia nel campo che nei valori nutrizionali: noi coltiviamo sia monococco che dicocco, e da un punto di vista agronomico il monococcco, detto anche piccolo farro, è un poco più problematico nella coltivazione e ha rese inferiori. Nei valori, le differenze sono evidentissime: entrambi sono cereali molto ricchi di nutritivi, ma il monococco si differenzia per il basso contenuto di glutine e in più gli amidi presenti hanno una forma altamente solubile che lo rende estremamente ben digeribile.

Da quanto coltivate monococco?

Lo coltiviamo da 8 anni.

È un cereale che ha bisogno di particolari accorgimenti? Il vostro è un terreno particolarmente adatto a questo tipo di coltura?

Il farro è un cereale molto rustico da sempre coltivato in toscana (etruschi prima, romani poi) e si adatto benissimo a questi terreni.

Quali sono le motivazioni che vi hanno portato a scegliere il metodo di agricoltura biologica?

La volontà di rispettare la terra fin dove possiamo: veniamo dal Nord Italia, da zone ad alto inquinamento, e in Toscana abbiamo trovato un territorio ancora pulito.

Coltivate e trasformate?

Si, partiamo dal campo e arriviamo fino alla confezione. 

Come funziona il ciclo produttivo? E la vostra filiera?

Adottiamo un sistema di rotazione, ovvero non coltiviamo mai sugli stessi appezzamenti di terreno la stessa varietà vegetale, ma alterniamo le colture tra cereali che impoveriscono il terreno e i legumi che invece lo arricchiscono. Il nostro scopo è mantenere un giusto equilibrio.

Quali prodotti preparate a partire dal monococco?

Chicchi, farina, fiocchi, zuppe e pasta.

Che differenza troviamo nel prodotto finale?

Da un punto di vista nutrizionale, certamente cibarsi del chicco intero ha un valore superiore. La farina è lavorata a pietra e lo è anche il semolato da cui si ricava la pasta quindi si lavora anche con il germe.

Tre motivi per scegliere prodotti a base di farro monococco.

Prendiamo la pasta, per esempio: gusto buonissimo, leggera da digerire, velocissima: cuoce in 4/6 minuti. 

Un prodotto al quale non rinuncerebbe mai.

Tagliolino, ovvero una tagliatella lavorata a nido molto fine che cuoce in pochi minuti ed è molto delicata: va messa in acqua calda ma non bollente per gustarla al meglio. Buonissima con olio, pepe e pecorino


by saporedisole

Curcuma, zenzero e cannella: scalda il tuo inverno con tutti i sapori del benessere

Tre spezie utilizzate da millenni ma attualissime.

La curcuma, amata dalle popolazioni orientali da oltre cinquemila anni, considerata spezia sacra in India e inserita tra i farmaci naturali della medicina Ayurvedica, è oggetto di approfonditi studi da parte della comunità scientifica internazionale. Il suo principio attivo, la curcumina, ovvero il pigmento che conferisce la marcata colorazione gialla alla polvere, è un potente antinfiammatorio (non dimentichiamoci che alla base del sovrappeso, diabete e patologie cardiovascolari c’è sempre una reazione infiammatoria del nostro organismo), regola i livelli di zucchero nel sangue e protegge il sistema cardiovascolare. Sono in corso, inoltre, degli studi che ne comprovano gli effetti positivi in presenza di patologie tumorali, sia dal punto di vista preventivo che di supporto alle terapie. Nei modelli animali è emerso che la curcumina sia in grado di ridurre lo stato infiammatorio non solo agendo direttamente, ma anche agendo attraverso alcune cellule del fegato e del pancreas. Alcune sperimentazioni sull’uomo hanno evidenziato un miglioramento significativo sulla glicemia: il suo consumo aiuterebbe infatti a stabilizzare i livelli di zucchero nel sangue (in particolare nei soggetti diabetici) e a favorire l’aumento del colesterolo “buono” HDL. A livello del sistema cardiovascolare, e in particolare nei pazienti affetti da arteriosclerosi, porta a una riduzione del fibrinogeno, ovvero la proteina che partecipa ai fenomeni della coagulazione del sangue e i cui livelli elevati possono favorire la formazione di trombi nei vasi sanguigni.

Studi più avanzati della nutrigenomica hanno evidenziato anche che la curcumina agisce inibendo il gene Tor, ovvero uno dei geni implicati nell’invecchiamento. La curcuma, quando aggiunta ai cibi è inoltre un ottimo digestivo ed epatoprotettore. Sul fegato esercita un’importante azione disintossicante, supportando l’eliminazione delle tossine accumulate. La sua attività antinfiammatoria è importante anche in presenza di artriti, artrosi e infiammazioni a carico del sistema muscolare. Durante la stagione fredda aiuta a rinforzare il sistema immunitario grazie alla sua attività immunostimolante. Offre il massimo del suo potenziale terapeutico e preventivo quando viene associata al pepe nero (per le persone particolarmente sensibili è consigliato utilizzare il curry in quanto lo contiene insieme ad altre spezie “adiuvanti”) e all’olio che ne favorisce l’assorbimento a livello epatico.

La dose di curcuma in polvere che è possibile assumere quotidianamente è pari a circa due cucchiaini da caffè. Si può aggiungere a fine cottura nella pasta, nel risotto, nella carne e nelle verdure. In presenza di disturbi intestinali e di difficoltà digestive, si può utilizzare un cucchiaio di curcuma in una tazza di acqua calda bevendola a piccoli sorsi.

Lo zenzero, il toccasana che arriva da Oriente

Pianta originaria dell’Asia, è utilizzata da millenni in cibi e bevande per le sue indiscutibili proprietà digestive, diuretiche e antibatteriche. Queste caratteristiche sono state evidenziate in numerosi studi clinici, che hanno confermato gli usi tradizionali di questa meravigliosa spezia. Nella moderna fitoterapia lo zenzero è consigliato in presenza di difficoltà digestive accompagnate da bruciori di stomaco, nausea ed eruttazioni. I gingeroli, ovvero le oleoresine responsabili del sapore pungente dello zenzero (il cui meccanismo d’azione non sarebbe da ricercare a livello del sistema nervoso centrale, ma in un’azione a livello locale), svolgono una marcata e documentata azione antiemetica. Si ritiene che questa proprietà sia dovuta a un miglioramento della motilità intestinale. Alcuni studi hanno indagato l’efficacia dello zenzero nel controllo della nausea post operatoria e sembrerebbe addirittura più efficace rispetto ai trattamenti convenzionali. Ad esempio, l’utilizzo di 1000 mg/die di estratto di zenzero su un gruppo di donne (80 per la precisione) ha evidenziato, rispetto al gruppo placebo, una significativa riduzione della sintomatologia: la nausea, infatti, si è manifestata solo nel 30% dei soggetti femminili rispetto al 57,5% del gruppo che aveva assunto il placebo. Non solo, sembra che lo zenzero sia inoltre in grado di ridurre l’intensità e la durata degli attacchi.

Utilizzare quotidianamente zenzero durante la stagione fredda può aiutare l’organismo a ridurre la sintomatologia dolorosa a carico dell’apparato osteoarticolare e non solo. Quest’azione è attribuibile all’inibizione della ciclossigenasi e della 5-lipossigenasi, i due enzimi che portano alla formazione delle molecole infiammatorie.

Possiamo aggiungere lo zenzero alle tisane di fine pasto, oppure consumarlo per promuovere la ripresa e la risposta immunitaria durante le infezioni a carico non solo del tronco respiratorio, ma anche intestinale.

La cannella, una delizia anti-colesterolo

Infine, ecco le proprietà della deliziosa cannella, albero originario del Ceylon, dello Sri Lanka e dell’India. Si utilizza la corteccia del fusto e dei rami, privata delle parti più esterne e superficiali. Questa spezia svolge un’azione antibatterica e antifungina e promuove i processi digestivi (favorendo lo svuotamento gastrico e proteggendo lo stomaco dai danni dell’iperacidità). È inoltre antispasmodica, carminativa e antiossidante, e in grado di abbassare la febbre.

Nella cannella è stato individuato il polifenolo MHCP, a cui è stata attribuita la proprietà ipoglicemizzante. Il MHCP mima l’azione dell’insulina e, oltre ad essere sinergico con essa, ne attiva i recettori a livello cellulare. È stato condotto uno studio per dimostrare gli effetti benefici della cannella sulla salute, prendendo come campione 60 persone di mezza età affette da diabete di tipo 2. I partecipanti sono stati suddivisi in 6 gruppi: una metà ha assunto dosi di estratto di cannella via via crescenti ( il gruppo 1 assumeva 1 g/die, il gruppo 2 assumeva 3 g/die e il gruppo 3 6g/die), mentre gli altri solo dei placebo. La ricerca ha dimostrato che, dopo 40 giorni, in chi aveva assunto la cannella si poteva riscontrare una riduzione del 18-29% della media della glicemia a digiuno, del 23-30% del livello di trigliceridi, del 7-27% del colesterolo LDL e del 12-63% del colesterolo totale.

Nel gruppo placebo, invece, non sono stati osservati cambiamenti significativi.

La cannella si rivela ottima durante l’inverno grazie alle documentate azioni antibatteriche. I primi studi sul suo potere battericida risalgono addirittura al 1887. Fu un certo Chamberland ad individuare le capacità di eliminare i patogeni o di inibirne la replicazione, senza compromettere negativamente sulla flora batterica simbiotica dell’intestino umano. Infine, recenti studi svolti in vitro hanno dimostrato la capacità di inibire lo sviluppo dell’Helicobacter Pilori, agente responsabile di gastriti e ulcere.

La cannella in polvere, grazie al suo inconfondibile gusto dolce, può aiutarvi a ridurre la quantità di zucchero nella preparazione di dolci. Ottima per le mele cotte in acqua (adatte soprattutto alle persone che lamentano stipsi e gonfiori intestinali) oppure per la preparazione della classica torta di mele.

 

Debora Cantarutti

Divulgatrice scientifica, consulente nutrizionale esperta di nutraceutica e nutrigenomica. Docente per Sapere Academy (Milano) e ricercatrice indipendente Superfoods.  Master in Nutrizione Metodo Molecolare. Ideatrice e responsabile del progetto Scienza&Gusto. Socia del GSA, Giornalisti Specializzati Associati di Milano. 

È membro attivo del progetto Quartieri Tranquilli ideato da Lina Sotis, dove presta attività di consulenza ai cittadini per promuovere il corretto stile di vita in ambito nutrizionale. Relatrice nei showcooking organizzati per Expo 2015 e per la Milano Food Week.

Miglio: proprietà benefiche, nutrizionali e controindicazioni

Le proprietà benefiche, nutrizionali e le controindicazioni note del miglio sono diverse: questo alimento è, infatti, particolarmente prezioso per la salute dell’organismo e ciò lo ha reso famoso in tutto il mondo, nell’arco dei secoli. Questo cibo è stato dimenticato per molto tempo ma, fortunatamente, si sta riscoprendo insieme alle sue numerose proprietà alimentari e terapeutiche. Il miglio – il cui nome originario è Panicum Miliaceum – è un cereale appartenente alla famiglia delle Graminacee: si tratta di una pianta proveniente dall’Asia, ma che si è diffusa in molti Paesi del mondo. Una curiosità?

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Quinoa: proprietà nutrizionali, curative e controindicazioni

Quinoa: quali le proprietà nutrizionali, curative e le controindicazioni? Con questo cereale si possono mettere a punto ricette davvero squisite, ecco perché dovremmo sempre includerlo nella nostra alimentazione. Per questo motivo è importante conoscerne le proprietà e i valori nutrizionali, in modo da diventare consapevoli di tutti i benefici che riesce ad apportare a vantaggio del nostro benessere. La quinoa è alleata del sistema circolatorio, dell’intestino, dei muscoli, è ricca di sali minerali e di vitamine ed è particolarmente energizzante. E’ ideale contro l’emicrania e si può inserire nelle diete ipocaloriche. Vediamo di saperne di più.

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Hericium Erinaceus

Hericium

Nome scientifico: Hericium erinaceus. Si trova in tutto l’emisfero nord, in Europa, Oriente asiatico e Nordamerica. Predilige gli alberi di latifoglie morti o morenti come la quercia, il noce e il faggio. Ha un diametro che varia dai 5 ai 20 centimetri. Ha filamenti simili a ghiaccioli che pendono da una base di consistenza gommosa. È un fungo tanto culinario quanto medicinale, che fa pensare al sapore dei frutti di mare.

 

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Aceto di cocco: proprietà e come usarlo in cucina

Proprietà e benefici dell’aceto di cocco

Nonostante gli aceti più usati in cucina siano l’aceto di vino, l’aceto bianco e quello balsamico, non bisogna trascurare l’esistenza di varietà altrettanto pregevoli e interessanti come l’aceto di cocco. Sebbene questo prodotto non sia di certo il più indicato per i lavori di pulizia della casa – e sia meglio indirizzarsi in questo caso verso i primi due sopra citati – può essere utilizzato in numerose ricette di cucina, soprattutto come sostituto dell’aceto di miele e dell’aceto di vino.

L’aceto di cocco è apprezzato in primo luogo per le sue proprietà eupeptiche, toniche e prebiotiche. I fruttoligosaccaridi in esso contenuti favoriscono infatti la crescita della flora batterica e svolgono perciò un’azione di prevenzione sia sulle infiammazioni che sulle infezioni intestinali. Queste sostanze sono ritenute oltretutto in grado di aumentare i livelli di colesterolo buono e di abbassare la concentrazione di glucosio nel sangue. Detto ciò, l’aceto di cocco offre vantaggi a chi soffre di diabete e a chi tende ad essere affetto da stipsi. Il consumo di questo prodotto fa bene inoltre a chi è in sovrappeso e a chi è affetto da sindrome metabolica.

Rispetto agli altri aceti quello di cocco è il più calorico; esso contiene tuttavia anche sostanze preziose che aiutano l’organismo ad assorbire meglio il calcio e il magnesio e che riducono al tempo stesso il colesterolo LDL. Il suo utilizzo si rivela per questo particolarmente utile alle donne in menopausa e agli anziani in generale. Sotto il profilo nutrizionale l’aceto di cocco contiene discrete quantità di potassio, vitamina C e vitamine del gruppo B.

Odore, sapore e usi in cucina

L’aceto di cocco ha un gusto gentile, agrodolce ed un profumo esotico che richiama in parte quello della noce di cocco. Questo condimento si trova usato soprattutto nei piatti della cucina indiana, filippina e dello Sri Lanka. Per via del suo gusto delicato e poco invasivo è ideale per insaporire le insalate, per condire gli ortaggi e per la realizzazione di intingoli e pinzimoni. Viene consigliato anche per le grigliate e per le marinature, sia di carne che di pesce, e come ingrediente per la preparazione di salse da servire in tavola insieme ai formaggi. Il suo caratteristico sapore si accosta bene anche alla frutta.

Origine e produzione

L’aceto di cocco può nascere in due modi differenti. Il primo consiste nella raccolta dei fiori della palma di cocco, nella loro riduzione in nettare e nella successiva acetificazione di quest’ultimo. Il secondo metodo di lavorazione prevede invece la fermentazione del liquido estratto dalla noce di cocco. Nel primo caso l’aceto risulterà di un color bruno scuro mentre nel secondo tenderà verso una colorazione bianco latte. La produzione di questo aceto si ricollega anche a quella del cosiddetto gulamerah o zucchero di cocco.

Kuzu, un gastroprotettore naturale

Bruciori di stomaco, reflusso gastroesofageo, ernia iatale: i disturbi a carico dell’apparato digerente superiore sono molto frequenti nella popolazione. E sono migliaia i pazienti a dover condurre una vita in compagnia di inibitori di pompa protonica o di antiacidi, pur di evitare i fastidi – a volte anche decisamente gravi – dei loro disturbi. Un aiuto però arriva anche da una pianta orientale: il kuzu o kudzu, un gastroprottettore naturale.

Il nome scientifico è quello di Pueraria lobata ed è una pianta rampicante di montagna originaria del Giappone. Da sempre utilizzato nella medicina tradizionale e in erboristeria, il kuzu può essere un valido rimedio naturale per lo stomaco e altre patologie. Ma come si usa e quali sono i suoi specifici effetti?

Le proprietà

Il kuzu è una pianta estremamente longeva e forte: può vivere fino a 100 anni e cresce addirittura sulle rocce, anche quando il terriccio a disposizione è molto limitato. Nonostante gli splendidi fiori dal viola al blu, a scopi terapeutici non vengono usati né i petali né la pianta, bensì le radici. Da queste si estrae infatti un particolare amido, con cui viene quindi realizzata una bianchissima fecola. La consistenza è simile alla farina o proprio alla fecola di patate e, date le sue sue proprietà fisiche, non solo ha un’altissima solubilità in acqua, ma il kuzu viene facilmente digerito dallo stomaco e assorbito dall’intestino. Il composto pare contenga alte concentrazioni di isoflavoni come la daidzeina, un antinfiammatorio, antimicotico e antitumorale naturale.

La fecola poc’anzi citata ha un forte effetto alcalinizzante, ovvero previene l’acidosi soprattutto a livello di sangue e dei succhi gastrici. Utilizzato nella cucina giapponese come addensante e vellutante per zuppe, minestre e passati di verdura, sin da tempi antichi è impiegato anche per la cura di malanni minori. La tradizione vuole il kuzu come alimento di base per ritrovare le energie, ma è soprattutto l’effetto tampone sullo stomaco ad averlo reso popolare in tutto il mondo.

Le patologie

Così come già accennato, il kuzu esplica i suoi effetti benefici soprattutto a livello di stomaco, prevenendo però tutte le irritazioni a carico dell’apparato digerente dal cavo orale al retto. Di seguito alcune delle applicazioni più frequenti per tipologia di disturbo:

  • Acidità di stomaco: con il suo effetto tampone, il kuzu assorbe i succhi gastrici in eccesso dando immediato sollievo da dolore e bruciori, riducendo quindi le recidive in caso di blanda ulcera;
  • Reflusso gastroesofageo: grazie alle sue proprietà antiacide, previene la salita dei succhi nell’esofago e la loro propagazione nelle vie respiratorie, dando immediato sollievo soprattutto ai pazienti portatori di ernia iatale;
  • Stitichezza: stimola la morbidezza delle feci al pari di una nutrizione ricca di fibre, sbloccando quindi gli stati di stitichezza cronica;
  • Dissenteria: l’effetto tampone si estende anche all’intestino, dove non solo allevia l’irritazione di color e retto, ma aiuta anche ad aumentare la consistenza delle feci e a trattenere l’acqua in caso di diarrea;
  • Febbre: il kuzu sarebbe anche in grado di diminuire la temperatura negli stati febbrili connessi all’influenza;
  • Stanchezza: l’amido presenta anche specifiche proprietà per il recupero dell’energia e del buon equilibrio psicofisico, quindi è consigliato in primavera o nei cambi di stagione, quando il corpo fatica ad adattarsi ai repentini cambiamenti climatici.

Per le modalità d’assunzione si faccia riferimento al proprio erborista di fiducia e, ovviamente, anche al medico curante per conoscere eventuali interazioni con i farmaci contro l’acidità di stomaco. In genere, si versano uno o due cucchiaini di kuzu in un bicchiere d’acqua, si porta il tutto a ebollizione finché l’amido non si è sciolto e si consuma a piccoli sorsi, anche più volte nell’arco della giornata.

Il kuzu in cucina

Nella cucina giapponese, il kuzu viene usato come addensante e vellutante soprattutto per zuppe, minestre e passati di verdura, ma anche per sughi, dolci, gelati e composte. La proporzione da utilizzare è 10g di kuzu ogni 100 ml di liquido ma molto dipende dalla consistenza che vorrete ottenere, con queste dosi riuscirete ad ottenere un buono stato di gelificazione, per addensare ne potrà servire anche molto meno. Il kuzu, infatti, serve non solo ad addensare ma anche a gelificare per creare budini. In questo ultimo caso la consistenza che si ottiene è morbida e non gelatinosa (come può accadere nel caso dell’agar). Per ottenere l’effetto gelificante, una volta stemperata la polvere nel liquido a temperatura ambiente, aggiungetelo in cottura alla vostra preparazione e poi lasciate raffreddare prima a temperatura ambiente e poi in frigorifero per almeno un paio d’ore. In commercio troverete il kuzu sia in polvere che in blocchetti gessosi: in questo ultimo caso, prima di utilizzarlo polverizzatelo con un mortaio da cucina. Il kuzu può essere aggiunto anche a cottura ultimata, a verdure e frutta frullate conferendo ai piatti una consistenza vellutata. Nel caso della frutta, per esempio, questo amido ha la caratteristica di renderla più digeribile anche per gli intestini più deboli.

Ghee – Burro Chiarificato

Il Ghee (o burro chiarificato) è un’antichissima ricetta ayurvedica derivata dal burro. Si tratta essenzialmente di burro dal quale è stata tolta l’acqua e la componente proteica in esso contenute.

Si tratta essenzialmente di burro dal quale è stata tolta l’acqua e la componente proteica in esso contenute.

Informazioni ayurvediche: la cucina ayurvedica usa il ghee al posto del burro e dell’olio per cucinare, friggere e arrostire, perché si può scaldare e cuocere senza che diminuiscano o si perdano le sue proprietà.

Non necessita di refrigerazione. L’ayurveda considera il Ghee un Rasayana e cioè uno dei mezzi più efficaci per mantenersi giovani e in grado di favorire la rigenerazione delle cellule.

Il Ghee pacifica Vata e Pitta e aumenta il fuoco digestivo.

Il Ghee favorisce la funzione fisiologica della digestione. Contribuisce a contrastare l’azione dannosa dei radicali liberi.

È un alimento che nutre e dà sostegno a tutti i sette tipi di tessuti del corpo. Agisce favorevolmente sulla funzionalità del sistema nervoso, contribuendo a mantenere la mente calma, facilita l’apprendimento mnemonico e stimola i processi intellettivi.

Consigli d’uso: Applicato la sera sotto i piedi, aiuta ad avere un sonno salutare. Se applicato sugli occhi stanchi, aiuta a togliere l’affaticamento e rafforza la vista. È consigliabile usarlo anche come struccante.

Come usare il burro ghee nelle ricette di tutti i giorni

ll burro ghee è un alimento benefico per le nostre articolazioni e per il sistema cardiovascolare

Cos’è il burro ghee?

Sappiamo che consumare burro prodotto da latte vaccino non fa bene alla salute, perché ricco di grassi saturi e lattosio. Quello che ancora pochi sanno è che dal burro tradizionale è possibile ricavare il burro ghee.

Il burro ghee è un alimento che dà grossi benefici e può essere introdotto nelle nostre diete per la composizione di molte ricette.

Il burro ghee si ottiene dal burro tradizionale (meglio se biologico): è necessario tenere a bagnomaria il burro per almeno 2 ore, il burro si scioglie e forma in superficie uno strato bianco (composto prevalentemente da lattosio). Questo strato bianco schiumoso viene eliminato e rimane un liquido color oro che viene poi messo in un vasetto e lasciato raffreddare.

Una volta che il composto si è solidificato, non è necessario tenere il burro ghee in frigo, basta conservarlo in un luogo fresco ed asciutto.

3 ricette con il burro ghee

Fagioli neri in insalata di rucola

  • 400 gr di fagioli neri
  • 2 mazzetti di rucola
  • Sale, pepe, curcuma, cumino

Riscaldare una padella antiaderente e buttare all’interno i fagioli neri già cotti, con l’aggiunta di un bicchiere di acqua. Farli bollire un paio di minuti, aggiungere sale marino integrale, curcuma, cumino, pepe e lasciare insaporire un altro minuto. Abbassare la fiamma e aggiungere un cucchiaio di burro ghee. Quando il burro ghee si è amalgamato, servire su un letto di rucola condita a piacere.

Pan di spagna a basso indice glicemico

  • 150 grammi di farina di mandorle
  • 2 uova
  • 60 grammi di zucchero di cocco integrale
  • 1 cucchiaino raso di bicarbonato
  • ½ cucchiaino di vaniglia in polvere
  • 60 grammi di burro ghee

Montare a neve gli albumi e lasciarli riposare. Unire il tuorlo d’uovo allo zucchero di cocco e montare il composto. Aggiungere il burro ghee e miscelare bene. Aggiungere la farina di mandorle, poi la vaniglia in polvere e il bicarbonato. Infine gli albumi montati a neve. Infornare per circa 20 minuti in forno a 180°

Bocconcini di pollo bio con burro ghee e curcuma

  • Petto di pollo biologico
  • 2 cucchiai di burro ghee
  • Curcuma, pepe
  • 2 cucchiai di crema di sesamo

Tagliare a tocchetti piccoli il petto di pollo. In una padella antiaderente mettere 2 cucchiai di burro ghee, curcuma e pepe. Non appena è caldo, aggiungere i tocchetti di pollo e farli rosolare a fuoco basso. A fine cottura aggiungere la crema di sesamo e aspettare che il pollo formi una leggera crosticina croccante.